domenica 24 giugno 2007

Le due donne

Le giornate scorrevano una dopo l'altra senza grossi avvenimenti; ognuno degli abitanti della Valle degli Aceri era stato assegnato ad un gruppo, a cui alcuni Maestri si occupavano di insegnare le fondamenta della vita in comune: c'erano i boscaioli, gli agricoltori, gli allevatori e così via. Tarana dirigeva i lavori quotidianamente, occupandosi di persona di risolvere i piccoli problemi a cui dava luogo la nuova sistemazione del genere umano.
Si era stabilito che, per quanto riguardava gli attrezzi da lavoro come le asce, gli aratri, i martelli e così via, dapprima se ne sarebbero occupati i Maestri consegnandone alcuni ai lavoratori che stavano iniziando a lavorare per la comunità. Con il passare del tempo, dato che nella zona non esistevano miniere o altre fonti da cui ricavare il metallo, gli abitanti avrebbero imparato a barattare alcuni dei loro beni con gli attrezzi prodotti dai loro vicini, gli uomini del Picco Candido, che vivevano nelle montagne a un paio di giornate di cammino dalla Valle.
Satna aveva deciso di dedicarsi al mondo verde: si era unita al gruppo degli erboristi nelle loro lezioni quotidiane, che si tenevano in cima alla collina, e nelle peregrinazioni che li portavano ad esplorare il territorio su cui potevano contare per raccogliere le magie della natura. Nel Regno del Fato era maggio, e i primi frutti acerbi facevano capolino tra le fronde fruscianti del bosco: mele, ciliegie e gocce d'oro promettevano un'estate ricca ed abbondante, mentre il profumo del timo e della santoreggia si spandeva dal greto sassoso del fiume a solleticare l'appetito dei giovani apprendisti.
Ben presto lei e gli altri furono in grado di distinguere nella Valle oltre cento specie diverse tra alberi, arbusti e cereali, e i Maestri insegnarono loro non solo a coltivarle negli spazi adiacenti alle loro nuove case, ma anche a raccogliere e sfruttare al meglio le piante medicinali a seconda di quelle che erano le esigenze del caso. Satna scopriva così che ogni creatura del regno vegetale aveva un proprio carattere e un proprio ambiente preferito, e che lei poteva utilizzare le sue nuove conoscenze per venire in aiuto ai suoi compagni. Le piaceva vagabondare nel bosco anche quando le lezioni erano finite, perchè aveva la sensazione che il sussurrare delle foglie al vento le portasse un messaggio lontano; quando passeggiava al tramonto a piedi nudi sull'erba umida, sentiva che il peso del suo passato sconosciuto si affievoliva, e cresceva in lei l'amore che già provava per quella terra, che l'aveva accolta dopo la fine del Regno degli Uomini.
Proprio durante una di quelle sere quiete, Satna scorse tra i rami di un salice una giovane donna in lacrime; aveva lunghi capelli biondi, lisci e sottili, e tutta la sua figura esile era scossa dai singhiozzi. I suoi occhi erano di un azzurro pallido, come uno specchio d'acqua in cui la giovane avesse intenzione di annegare chissà quale dolore.
Le si avvicinò, e quando lei si rese conto di essere osservata sobbalzò e tentò di asciugarsi le lacrime.
"Come ti chiami?"
"Nyala," rispose, tentando di ricomporsi "o almeno così hanno deciso loro." aggiunse con una punta di sarcasmo.
"Non ti piace il tuo nome?"
La giovane parve incerta.
"Non è questo, è solo che..." cercava le parole per esprimersi "è che non mi piace che mi dicano quello che devo fare."
Satna le sorrise: "Capisco; in ogni caso io sono Satna, e il tuo nome mi sembra molto bello. Mi piacerebbe che tornassimo insieme alla Capanna e che tu mi dicessi che cosa ne pensi di questo luogo."
Dopo una prima occhiata obliqua, Nyala sembrò accettare di buon grado la compagnia che aveva trovato, e durante il tragitto verso casa spiegò a Satna che il posto era bello, e che il nome le piaceva, ma le disse anche che dal primo momento si era sentita in trappola, e che viveva ogni giorno con il terrore di far adirare il Fato, che avrebbe potuto farle fare la fine del resto dell'umanità.
"Dimmi, Nyala" le chiese quindi Satna "tu sai che ne è stato di quelle persone? Ti ricordi qualcosa della vita che facevi prima?"
"Beh, no" confessò.
E poi le chiese: "E pensi di sapere che cosa potrebbe fare in modo che il Fato si arrabbi con te a tal punto da punirti con l'esilio, o peggio?"
Nyala parve confusa. "No, non lo so... perchè?"
Satna le rivolse un sorriso sereno: "E perchè pensi che piangere tutta sola tra gli alberi possa aiutarti a capirlo?"
Nyala non rispose, ma si fece accompagnare docilmente a casa dalla sua nuova compagna; aveva come la sensazione di non sentirsi più tanto sola.

domenica 20 maggio 2007

I nomi nel sangue

Il nome Satna le piaceva; si adattava bene ai suoi capelli neri e alla pelle liscia e dorata che aveva scoperto di avere nel primo giorno di quel nuovo regno.
Il luogo in cui era stato stabilito che vivesse insieme agli altri le dava l'idea di essere stato creato per nutrire e proteggere un numero potenzialmente infinito di persone: ogni palmo di terra era ricoperto di erba soffice, e una distesa di aceri ombreggiava gran parte dello spazio tra le due catene di colline che si scorgevano in lontananza. A nord si intravedevano delle alte montagne ancora imbiancate, e da quella direzione scendeva un fiume placido che solcava in due la loro valle, rendendola fertile e rigogliosa.
Satna si disse che sarebbe stato terribile vivere senza il ricordo di ciò che era stata, ma poi si rese conto che non avrebbe potuto avere nostalgia di qualcosa che non conosceva, ed ebbe la sensazione che il Fato di cui aveva parlato Tarana avesse fatto la cosa giusta quando aveva portato lì tutte quelle persone. Non sapeva chi fosse stata, non sapeva come avesse vissuto fino al giorno precedente, eppure l'ipotesi di iniziare una vita semplice in quella valle con la guida del Fato e dei suoi Portavoce iniziava a sembrarle quasi allettante, oltre ad essere- tra l'altro- l'unica ipotesi praticabile. Immersa in questi pensieri, proseguì lungo il fiume alla scoperta di quel luogo in cui gli alberi mormoravano al vento, colorando l'orizzonte di tutti i toni dal verde chiaro al rosso profondo.
In quello stesso momento, sulla cima dell'altura su cui aveva pronunciato poche ore le prime parole nella Valle degli Aceri, Tarana pose la mano sulla fronte di un uomo alto, con lunghi capelli castani e occhi color muschio. "Il tuo nome è Inverell; benvenuto nel Regno del Fato."
Lui le restituì uno sguardo stupito: "Come fate a trovare un nome per ogni persona?"
"I nomi sono già scritti nel sangue di ognuno di noi, e ai Portavoce è stato insegnato a leggere quella scrittura." disse Tarana: "Cos'altro vuoi sapere?"
"Allora sapete leggere anche i pensieri, non solo il sangue, vero?" ribatté sorridendo Inverell. "Tu hai detto che noi siamo dei sopravvissuti, quindi prima eravamo di più."
"Sì. Eravate molti, moltissimi."
"Allora dove sono gli altri, quelli che non sono stati portati qui nella valle, o in qualche altro posto di questo nuovo mondo?"
Tarana rifletté per qualche attimo, non sapendo se fosse il caso di spiegargli come stavano le cose, poi chinò il capo con un sospiro. "Se anche io rispondessi a questa tua domanda, tu non potersti capire la mia risposta quest'oggi, né domani, né il giorno dopo ancora. Per il momento ti basti sapere che sono stati portati in un altro regno, un posto in cui il tempo scorre, ma è come se non scorresse. E' ciò che noi Portavoce chiamamo il Promontorio, creato molto tempo fa dalla sorella del Fato, che governa quel luogo che lei stessa ama chiamare il Regno della Pace."
Inverell parve confuso nel sentire le sue parole, ma ringraziò di cuore Tarana e si diresse verso un gruppo di persone che, ai piedi della collina, stavano iniziando ad esplorare la loro nuova casa.
"Ora che ho un nome" disse tra sé e sé "sarà il caso di iniziare a conoscere quello degli altri".

mercoledì 9 maggio 2007

Tarana, il Portavoce


Prima a poi accade a tutti quanti di svegliarsi senza sapere dove ci si trovi; ma nel primo giorno del Regno del Fato accadde a diecimila persone nello stesso momento. Diecimila tra uomini e donne si destarono da un sonno profondo e senza ricordi, ritrovandosi in un luogo sconosciuto tra persone sconosciute. Fu allora, quando tutti furono in grado si ascoltare, che si levò alto il saluto dei Portavoce.
"Benvenuti nel Regno del Fato." disse una donna alta con i capelli neri.
"Ascoltatemi tutti, e vi prometto che avrete le risposte che state cercando." Un mormorio corse tra i sopravvissuti, ma nessuno osò parlare ad alta voce.
"Io sono Tarana, e sono una Portavoce del Fato. Voi vi trovate qui in quanto superstiti di un mondo che non esiste più, il Mondo degli Uomini. Per secoli e secoli, per millenni l'entità che aveva creato il mondo in cui avete vissuto fino a ieri ha lasciato che il genere umano decidesse delle proprie sorti e del destino del pianeta, e l'umanità ha sfruttato il suo potere per distruggere il proprio ambiente ed uccidere indiscriminatamente ogni forma di vita sulla terra. Quest'oggi il Fato ha stabilito che era stato raggiunto il punto di rottura, ed è intervenuto per cancellare la storia umana e darvi la possibilità di scriverne una nuova."
"Voi siete stati scelti dal Fato in base alla vita che avete condotto fino ad ora per partecipare a questo estremo tentativo, ma per poter affrontare questa prova è stato necessario privarvi della vostra memoria. La vostra mente ora è libera di creare un mondo nuovo senza il fardello dei ricordi legati a ciò che eravate prima, sebbene siate stati messi in grado di comprendere il mio linguaggio e di esprimervi attraverso di esso."
"Oltre a voi, su questa terra ci sono molti altri sopravvissuti, voi siete solo un decimo delle persone che il Fato ha portato qui. Ad ogni gruppo è stato destinato un villaggio ed un Portavoce, e tutti sarete messi nelle condizioni di vivere in modo dignitoso, ma dovrete lavorare per avere di che mangiare e un posto in cui dormire.
Ad ognuno di voi sarà assegnato un nome, e inizierete in questo luogo una vita priva di violenza, improntata al rispetto e alla fiducia nel prossimo. Il Fato ha stabilito che per i primi tempi dimoriate tutti insieme in una grande capanna che si trova sull'altro lato del fiume, e che poi ognuno di voi si costruisca con l'aiuto degli altri un riparo indipendente. Le armi sono proibite nel Regno del Fato, e se qualcuno di voi osasse alzare la mano contro qualcun altro sarà punito prima ancora di aver potuto colpire. La valle in cui vi trovate è verde e fertile, percorsa da diversi torrenti e abitata da numerosi animali, ma non ci sono belve che possano farvi del male, pertanto non avrete alcuna difficoltà a sopravvivere; da domani sarete divisi in piccoli gruppi, e potrete iniziare ad imparare alcune cose importanti per la vita nel Regno."
"Quest'oggi dedicherete il vostro tempo a perlustrare questo luogo, chiamato la Valle degli Aceri, a conoscere i vostri compagni e prendere confidenza con la vostra nuova casa. Io resterò qui tutto il giorno e voi verrete uno per uno a farvi assegnare il vostro nome. Ora andate."

domenica 6 maggio 2007

Prima

La primavera era arrivata tardi, era già maggio inoltrato e i fiori ai lati delle strade avevano l'aria stanca di chi non ha più voglia di aspettare. Ma quel giorno il sole scaldava di nuovo un mondo intirizzito e grigio, e le lucertole affollavano i muretti diroccati della città vecchia alla ricerca della luce.
Come ogni anno nel corso dell'ultimo secolo, i meteorologi avevano decretato che entro quindici anni al massimo il surriscaldamento della terra avrebbe portato all'innalzamento del livello del mare, alla nuova era glaciale e all'estinzione del genere umano. Non che non fosse vero, Piazza San Marco era sott'acqua già da un po' e gli orsi polari si potevano vedere solo negli zoo, perchè al posto dell'Artide ormai c'era una granita instabile in cui restavano impigliati i cadaveri delle foche.
Eppure, l'umanità era ancora in piedi, e si dedicava con più zelo che mai ai suoi passatempi preferiti: la Cina aveva rosicchiato alla Russia un altro pezzo di terra per i suoi abitanti in sovraffollamento, gli Stati Uniti testavano in Colombia le nuove armi al mercurio e a Melbourne era appena stata scoperta l'ennesima setta che si dedicava alla mutilazione rituale dei bambini. Tutto come sempre. Quel giorno il sole splendeva, e nulla lasciava presagire che l'indomani non ci sarebbe stata alcuna terra sotto i piedi dei cinesi, né che la parola "bambino" non avrebbe più avuto alcun significato.
Si iniziò a capire che qualcosa non andava quando il telegiornale dell'una annunciò che sul Mediterraneo si era scatenato di punto in bianco un uragano. Non un temporale, un vero e proprio uragano, che imperversava dalla Spagna alla Siria: era iniziato tutto con delle nubi che si erano create nei pressi della Sicilia, e si erano ingrossate letteralmente a vista d'occhio fino a ricoprire interamente l'Antico Mare. A quel punto si era alzato il vento, un vento gelido e imprevedibile, arrivava da tutte le direzioni e portava con la pioggia, e sembrava che per quanto piovesse le nubi non si riducessero mai, anzi, s'ingrossavano ancora. Alle nove del mattino il Mediterraneo era assolato ed invitante, a mezzogiorno le carcasse dei pescherecci roteavano come lancette di una bussola impazzita in mezzo ad un mare infernale.
Tuttavia un certo numero di stranezze meteorologiche erano considerate ormai abituali, e nessuno si soffermò a pensare che non era scientificamente verosimile che il Mediterraneo intero fosse in preda ad un uragano nato dal nulla.
Intorno alle tre meno un quarto un'edizione straordinaria della CNN annunciava con malcelata inquietudine che l'Europa intera era colpita dallo stesso fenomeno: le poche telecamere ancora funzionanti mostravano il Vecchio Continente in balia dei vortici che avevano devastato il mare, e un'immagine ripresa dal satellite che sorvegliava quella parte di mondo testimoniava che un'unica nuvola color grigio piombo si estendeva già dalle Azzorre all'India, e lambiva a Nord l'Islanda e a Sud il centro dell'Africa, da cui non arrivava più alcuna immagine a causa dell'isolamento stretto a cui il Continente Nero era stato sottoposto in seguito all'epidemia di febbre emorragica di sei anni prima. I pochi sopravvissuti, centomila persone o poco più, stavano dal primo all'ultimo a bocca aperta di fronte allo spettacolo di morte che si abbatteva sulla terra già straziata: gli alberi, gli animali, i mobili, le case, l'acqua dei fiumi, la sabbia e i sassi si alzavano da terra uno per uno, e vorticavano nell'aria come per sfidare la gravità. Alcuni ebbero lo spirito di avvedersi con terrore che i vortici evitavano accuratamente le persone, tutte le persone, che avevano così modo di assistere quasi industurbate alla fine del mondo.
Alle quattro e mezza una giornalista in collegamento da Los Angeles comunicava atterrita che risultava impossibile mettersi in collegamento con Pechino, e che dalla prefettura di Fukue, la più occidentale del Giappone, si iniziava ad intravvedere una coltre plumbea che si approssimava alla costa con una rapidità allarmante. L'umanità stava morendo di panico: uomini e donne scappavano urlando in tutte le direzioni, c'era chi si strappava i capelli e chi rideva contro il vento, e naturalmente c'erano i razziatori, che approfittavano della follia generalizzata per rubare tutto ciò che capitava a tiro, ubriacarsi con i liquori abbandonati nei bar deserti e sfogare il loro terrore sulle vetrine ancora intere o contro le persone che scappavano.
Tra le cinque e le sei la nube circondò il Pacifico, e chilometro dopo chilometro lo occupò tutto quanto, risucchiando verso l'alto l'acqua, i relitti di secoli e secoli di navigazione, i pesci attoniti e le alghe che avevano vissuto sul fondo del mare da sempre, senza sapere che esistesse un luogo in cui non c'era l'acqua.
I cittadini di Honolulu e delle isole vicine videro approssimarsi la fine del mondo su due fronti, che portavano con tutto ciò che avevano raccolto nel resto del mondo. Molti di loro si sedettero con i propri figli sulla riva del mare ad attenderla, capendo che non sarebbero sfuggiti a ciò che aveva inghiottito il pianeta terra; alcuni si rifugiarono nelle chiese, dove si gettarono in terra pregando per l'assoluzione dei loro peccati, altri ancora, in preda ad un terrore innominabile, puntarono le proprie armi contro se stessi, evitando così a modo loro di assistere alla conclusione della vita.
Ciò che tutti videro quando furono sommersi dalla nube fu ancora più sconvolgente di qualsiasi disastro naturale: il vento che annunciava la fine sfiorava appena la pelle degli umani, ma alzava da terra e faceva silenziosamente esplodere tutto il resto: era come se la struttura molecolare degli oggetti, degli animali e della materia tutta si fosse improvvisamente decisa a mutare, per dar forma ad un'unica sostanza mista, organica ed inorganica, che circondava come il Maelstrom l'umanità e ne decretava l'estrema pazzia.
Iniziata in un tiepido mattino siciliano, la Scomposizione terminò durante l'ultimo tramonto hawaiiano, consegnando il pianeta nelle possenti mani del Fato.

Prologo

Quante volte avete pensato alla fine del mondo?

Il sole che spacca la terra arida, o i continenti sommersi dalle onde di un maremoto mondiale, oppure magari un’esplosione atomica di dimensioni ciclopiche.

Ebbene, non andò così.

giovedì 3 maggio 2007

La fine del Mondo eccetera


Ognuno se la immagina come vuole, c'è chi ci pensa angosciato e chi se l'aspetta da un giorno all'altro, scrittori e registi ci sguazzano con voluttà, e i testimoni di Geova si preparano con diligenza all'evento.
La fine del mondo in fin dei conti è solo un modo di dire, perchè in effetti non finisce proprio un bel niente. Mettiamo anche che esploda tutto, Terra e relativo sistema solare, galassia, universo e contenitore dell'universo. Ma non sparisce mica tutto. Eh no.
Cambia, come cambia tutto e sempre: i grandi alberi diventano compost e quindi le loro particelle diventano altre piantine, la materia solida diventa liquida o gassosa, o magari si fa energia, calore, luce e chissà cos'altro.
Pensate che il vostro indice sinistro è fatto di un qualcosa che prima faceva parte di un altro animale, e prima ancora era dell'erba, che è cresciuta alimentandosi di luce ed acqua... e così via.
Ma sarà così drammatica 'sta fine del mondo?